il principio della bigenitorialità – da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi – ribadiscono che, in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno svolto in passato il proprio ruolo, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire.
L’affidamento condiviso, che rappresenta la scelta preferenziale in caso di disgregazione dell’unità familiare, è volto a garantire al minore un rapporto continuativo ed equilibrato con ciascuno dei genitori. L’esistenza di una mera conflittualità tra essi non preclude il ricorso a tale forma di affidamento, ma solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre giustifica l’affidamento esclusivo ove si esprima in forme tali da porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei minori.
Cass. civ., sez. I, 17 settembre 2020, n. 19323