Per l’addebito della separazione non è sufficiente un caso isolato di maltrattamenti in danno al coniuge, seppure documentato, confermato dai testimoni e dalla pendenza di un procedimento penale nei confronti del marito: occorre infatti che la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio abbia rivestito sicura efficacia causale nel determinarsi dell’intolleranza della convivenza.
Lo ha sancito la sentenza 109/2015 della sezione unica civile della Corte d’Appello di Lecce: rigettato quindi il ricorso della donna, non solo avverso il punto della decisione che aveva respinto la richiesta di addebito (peraltro, sottolinea la Corte, le lesioni subite erano “lievi” e l’episodio di maltrattamento isolato), bensì anche relativamente alla richiesta di aumento del mantenimento per sé e per il figlio, fissato dal Tribunale in 650 euro mensili complessivi, tenendo conto dello stipendio del marito (€ 1380), dell’assegnazione della casa alla moglie e della conseguente spesa locatizia per l’uomo.
Si evidenzia che, diversamente, la Corte d’Appello di Palermo (sentenza n. 991/2013) ha respinto il ricorso di un uomo il quale, in un isolato caso e a seguito di un litigio, aveva dato un pugno alla moglie provocandole lesioni all’occhio. In questo caso, la Corte aveva affermato che in tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito richiesta da un coniuge per le violenze perpetrate dall’altro non è esclusa qualora risulti provato un unico episodio di percosse, trattandosi di comportamento idoneo comunque a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poichè lesivo della pari dignità di ogni persona.