Le Sezioni Unite hanno statuito che: “(…) in tema di parto anonimo, per effetto della sentenza delle Corte costituzionale n. 278 del 2013, ancorchè il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte stessa, idonee ad assicurare la massima riservatezza ed il massimo rispetto della dignità della donna, fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorchè la dichiarazione iniziale per l’anonimato non sia rimossa in seguito all’interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità (…)” La pronunzia é stata adottata ai sensi dell’art. 363 c.p.c. (ricorso nell’interesse della legge promosso dalla procura generale della Cassazione). Nella sentenza si dà atto del contrasto esistente nella giurisprudenza di merito e l’opportunità di arrivare, in una materia così delicata, a un orientamento unitario su tutto il territorio nazionale. Sia il PG che la Cassazione hanno optato per l’immediata operatività della pronunzia della Corte Costituzionale, anche in assenza di una legge.
Cosi Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 20 dicembre 2016-25 gennaio 2017, n° 1946/17