L’assegno divorzile, ove richiesto per la prima volta nel giudizio di revisione ai sensi dell’art. 9 della legge 1 dicembre 1979, n. 898, va attribuito e quantificato facendo applicazione degli elementi di cui all’art. 5, comma 6, prima parte, della l. n. 898 del 1970, e non del parametro del tenore di vita godibile durante il matrimonio, da valutare secondo il composito criterio assistenziale, compensativo e perequativo, con eventuale prevalenza, a date condizioni, di una delle tre componenti rispetto alle altre. In particolare, la funzione assistenziale potrà assumere nuova e rilevante preponderanza tutte le volte in cui il giudice di merito accerti che il sopravvenuto, e incolpevole, peggioramento della condizione economica di vita di uno degli ex coniugi non sia altrimenti suscettibile di compensazione per l’assenza di altri obbligati o di altre forme di sostegno pubblico e che l’ex coniuge, meglio dotato nel patrimonio e capace di fornire una qualche forma di erogazione, abbia in passato ricevuto o goduto di apporti significativi da parte di quello successivamente impoveritosi e bisognoso di un sostegno alimentare, in senso ampio.
La cassazione della pronuncia impugnata con rinvio per un vizio di violazione o falsa applicazione di legge che reimposti in virtù di un nuovo orientamento interpretativo i termini giuridici della controversia così da richiedere l’accertamento di fatti, intesi in senso storico e normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice del merito, impone, perché si possa dispiegare effettivamente il diritto di difesa, che le parti siano rimesse nei poteri di allegazione e prova conseguenti alle esigenze istruttorie conseguenti al nuovo principio di diritto da applicare in sede di giudizio di rinvio.
Cass. Civ., Sez. I, Ord., 24 febbraio 2021, n. 5055
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