L’istituzione di trust familiare (nella specie, per fare fronte alle esigenze di vita e di studio della prole) non integra, di per sé, adempimento di un dovere giuridico, non essendo la stessa obbligatoria per legge, ma configura – ai fini dell’azione revocatoria ordinaria – un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione in favore dei disponenti. Allo scopo di poter considerare l’istituzione di un trust come atto a titolo oneroso, la stessa deve configurarsi quale adempimento di un obbligo e a fronte del pagamento di un corrispettivo. Ha luogo tale situazione nei c.d. trust di garanzia, che sono istituiti da un debitore in seguito ad un accordo con i propri creditori. Al contrario, se il trust viene posto in essere in virtù di una spontanea determinazione volitiva del disponente e in mancanza di un vantaggio patrimoniale, l’atto costitutivo del trust deve essere considerato a titolo gratuito, come per l’appunto si verifica nel caso di trust familiare in esame (nel quale il disponente rivestiva anche la qualità di beneficiario). Va comunque rilevato come la natura onerosa dell’atto di disposizione patrimoniale non possa essere legata all’eventuale compenso stabilito per l’opera del trustee, in quanto l’onerosità dell’incarico affidato a quest’ultimo attiene all’eventuale remunerazione per il mandato conferito. Onerosità e gratuità vanno poste in relazione all’interesse che qualifica il rapporto di trust (che è quello del beneficiario)
Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 9320 del 4 aprile 2019