Solo con l’accettazione dell’eredità si acquista la qualità di erede: diritti e doveri, quindi anche quello di pagare i debiti del defunto. Quindi se dopo la morte del congiunto arrivano bollette, cartelle di pagamento e così via, non si deve far nulla se ancora l’eredità non è stata accettata.
Lo conferma la Cassazione con sentenza n. 19030/2018 i semplici “chiamati all’eredità” non devono far fronte ai debiti fiscali lasciati dal defunto visto che il pagamento dei debiti ereditari grava solo sugli eredi e cioè su coloro che abbiano accettato l’eredità. Il creditore non può, prima di tale momento, agire in giudizio contro di loro.
Infatti l’«accettazione dell’eredità, espressa o tacita» «rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede»; cosicché, quando non c’è stata ancora l’accettazione dell’eredità, non è possibile rivolgersi a chi è solo «delato» (ossia “chiamato all’eredità”), vale a dire chi è beneficiario dell’offerta ereditaria, per ottenere il pagamento di debiti tributari maturati dal defunto.
Attenzione però: se l’erede è nel possesso dei beni ereditari (ad esempio, il figlio vive nella casa dei genitori) egli risponde dei debiti già con l’apertura della successione, ossia prima dell’accettazione, ma entro i limiti del valore dei beni posseduti.
In conclusione: fino all’accettazione dell’eredità, chi non è in possesso di beni ereditari non deve rispondere dell’imposta e chi ne è possessore non deve risponderne oltre il limite del valore dei beni posseduti.
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