Secondo la cd. Legge Cirinnà (comma 65 della l. n. 76/2016) il convivente che, al momento della cessazione del rapporto, versi in stato di bisogno e sia impossibilitato a provvedere al proprio mantenimento, ha il diritto di ottenere dall’altro gli alimenti con precedenza sui fratelli e sulle sorelle; le prestazioni alimentari durano tuttavia per un limitato periodo di tempo, proporzionale alla durata della convivenza. Il diritto agli alimenti, come il diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza, si fonda sull’esigenza di offrire al partner un sostegno economico per un lasso di tempo sufficiente a metterlo in condizione di intraprendere i tentativi necessari a cercare di raggiungere l’indipendenza economica, in conformità con il principio di autoresponsabilità che informa anche i rapporti patrimoniali tra coniugi nella fase successiva allo scioglimento del matrimonio, come evidenziato di recente dalla Cassazione (Cass., n. 11504/2017).
In ogni caso, nel regolare il regime patrimoniale nell’ambito di un contratto di convivenza i partner, se non possono rinunciare agli alimenti in ipotesi di stato di bisogno, possono ampliarne la misura o a sostituirli con il mantenimento.