Non basta l’allontanamento dalla casa famigliare per imputare a un coniuge l’addebito della separazione. Lo conferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 11929/17 depositata il 12 maggio.
Nel caso di specie, il Tribunale disponeva l’addebito della separazione alla moglie, che proponeva appello. Secondo i Giudici di secondo grado l’allontanamento della moglie dalla casa coniugale non era la causa della crisi coniugale, ma una normale conseguenza di un rapporto già deteriorato tra i due, che aveva reso intollerabile la convivenza.
Il marito ricorreva in Cassazione, lamentando violazione degli artt. 143 comma 2 («diritti e doveri reciproci dei coniugi»), 151 comma 2 («separazione giudiziale») e 2697 c.c.., sostenendo che l’allontanamento dalla casa coniugale sarebbe di per sé una circostanza idonea a configurare addebito a carico dell’ex moglie, frutto inoltre di una scelta arbitraria della stessa.
Secondo la Corte di Cassazione il motivo è infondato. Esiste infatti un orientamento consolidato della Corte, secondo cui la pronuncia di addebito «non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l’art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi, essendo invece necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza». Se manca la prova,la separazione non può essere addebitata.