E’ legittimo chiamare la figlia Andrea. Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20385/2012.
Tribunale e Corte d’Appello, accogliendo il ricorso di un Pubblico Ministero, avevano riitenutoillegittima la scelta di due genitori di attribuire alla loro bambina il nome Andrea. Ciò in quanto esso «ha, nella tradizione culturale italiana, una valenza esclusivamente maschile». Di conseguenza, poiché, come prevede la norma, «il nome, imposto al bambino, deve corrispondere al sesso», veniva confermata la «rettificazione dell’atto dello stato civile» e il nome Andrea era sostituito col doppio nome Giulia Andrea.
I genitori ricorrono in Cassazione, sostenendo l’esistenza di molte istanze avanzate per utilizzare il nome Andrea al femminile; la possibilità, riconosciuta dalla norma, della «attribuzione di nomi stranieri ai bambini aventi la cittadinanza italiana»; infine le trasformazioni del contesto linguistico in Italia alla luce delle ingerenze straniere.
Su quest’ultimo punto, precisano che l’uso del nome Andrea, «proprio in virtù della valenza assunta in molti Paesi europei, dovrebbe essere ritenuto sessualmente neutro e, conseguentemente, attribuibile anche ad una persona di sesso femminile»: più precisamente, «negare il diritto all’attribuzione del nome Andrea al femminile significa vanificare la portata effettiva della norma che facoltizza l’attribuzione di nomi stranieri», e, peraltro, «la valenza sessuale neutra del nome Andrea lo rende assimilabile alla maggioranza dei nomi stranieri che l’ordinamento dello stato civile autorizza ad assegnare» ai bambini e alle bambine italiani.
I Giudici della Suprema Corte ritengono di accogliere la richiesta della coppia, valorizzando il contesto multiculturale e il panorama normativo comunitario e mondiale. Richiamano anche una pronuncia della Corte europea dei diritti umani, con cui si è stabilito che «il nome scelto, in quanto non eccentrico né ridicolo, non pone il problema della tutela degli interessi del minore, con la conseguenza che il rifiuto integra un’illegittima ingerenza nella sfera della vita privata e familiare». Alla luce di questo riferimento, anche il quadro normativo nazionale deve essere riletto e meglio interpretato… La legge italiana «vieta l’imposizione di nomi ridicoli o vergognosi», in piena coerenza con quanto stabilito a livello comunitario, e, allo stesso tempo, essa tiene conto del «fenomeno di contaminazione ed integrazione di culture», testimoniato proprio dall’uso di nomi stranieri.
Il nome Andrea «in numerosi contesti nazionali stranieri, europei ed extraeuropei, ha una valenza biunivoca, potendo indifferentemente essere utilizzato per soggetti femminili e maschili». Inoltre non si può ignorare «la natura sessualmente neutra del nome Andrea nella maggior parte dei Paesi europei». Ciò significa che tale nome «non può definirsi né ridicolo né vergognoso, se attribuito ad una persona di sesso femminile, né potenzialmente produttivo di un’ambiguità nel riconoscimento del genere della persona cui sia stato imposto, non essendo più riconoscibile, in un contesto culturale ormai non più rigidamente nazionalistico, esclusivamente al genere maschile»