Integra il reato di violazione di corrispondenza il comportamento del coniuge che apre la corrispondenza indirizzata all’altro.
Lo afferma la quinta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 18462/2016 che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo avverso la condanna inflitta dal giudice d’appello per il delitto ex art. 616 c.p.
La moglie, allontanatasi di casa, mentre era in corso il procedimento di separazione, aveva lamentato che l’uomo aveva aperto la posta alei indirizzata anziché inviarla al nuovo indirizzo come da lei espressamente richiesto. Il marito non può invocare la scriminante di aver aperto le missive nell’interesse della donna, visto poichè lei non lo aveva delegato. E cosa ancor più grave aveva ammesso di non averle visionate per errore ma consapevolmente.
La Suprema Corte afferma che per il delitto contestato di cui al primo comma dell’art. 616 c.p., è “sufficiente la consapevolezza di prendere conoscenza del contenuto di corrispondenza diretta esclusivamente ad altri”. E a nulla rileva “la presa di conoscenza delle missive contenenti bollette afferenti i consumi delle utenze pertinenti la casa coniugale, poiché concorrente specifico interesse in capo anche al marito effettivo occupante della stessa e fruitore dei servizi erogati“.