Entrata in vigore la riforma del pignoramento immobiliare: due sono gli articoli segnalati che avranno un forte impatto sui debitori.
Resta la clausola di inadempimento, che consente alla banca di concordare, con il debitore, al mancato pagamento di 18 rate, la cessione della casa alla banca stessa e la vendita senza bisogno del tribunale.
Quanto invece alla procedura di pignoramento le aste sulla casa sono ridotte: prima erano illimitate, ora sono ridotte a tre, ciascuno con un ribasso di un quarto rispetto al precedente prezzo. Il giudice, però, qualora il bene non venga venduto per l’assenza di offerenti, può disporre un quarto esperimento d’asta, fissando un prezzo base inferiore al precedente, fino alla metà (di norma, invece, il limite è un quarto). Una soluzione che si presta, certamente, alla svendita dell’immobile pignorato.
Tutta la procedura avrà la durata massima di sei mesi, mentre adesso dura parecchi anni. Inoltre, è possibile la partecipazione all’asta giudiziaria per conto di terzi: l’offerente, dopo essersi visto assegnare l’immobile, ha cinque giorni di tempo per indicare il nome di un terzo a favore del quale deve essere trasferito l’immobile (cosiddetta “assegnazione in favore di un terzo”). Viene così consentito alla banca di presentare offerte per conto di società partecipate o facenti parte del gruppo stesso. In questo modo, la banca, che prima finanzia la vendita dell’immobile, lo può acquistare all’asta a un valore dimezzato, attraverso una propria società immobiliare, delegata poi alla rivendita. Il tutto, come detto, in solo sei mesi.
Se la banca rivenderà, entro un anno, il bene che si è aggiudicato all’asta, non pagherà l’imposta di registro del 9% sul valore dell’immobile, ma solo un’imposta flat di 200 euro.
Infine, la riforma è retroattiva,cioè si applica anche alle procedure pendenti.