La sindrome di alienazione parentale denunciata da uno dei genitori può essere accertata dal Giudice anche tramite presunzioni.
Se un genitore sostiene l’allontanamento morale e materiale del figlio da sé non occorre fornire un giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della patologia ma solo verificare la corrispondenza al vero dei comportamenti tenuti dall’altro e motivare adeguatamente, tenendo conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore «a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena».
E’ quanto afferma la Cassazione con la sentenza n. 6919 che ha accolto il ricorso presentato da un padre in un caso in cui la compagna si era allontanata da casa con la loro figlia minore.
Il tribunale ha disposto l’affidamento condiviso della bambina con collocamento presso la mamma e con incarico ai servizi sociali di monitorare la situazione. Con successivo decreto il tribunale, tenuto conto dell’atteggiamento della figlia di rifiuto del padre, ha vietato all’uomo di frequentarla prescrivendo alla ragazza un percorso psicoterapeutico finalizzato a farle riprendere i rapporti con il padre. Contemporaneamente ha respinto la domanda dell’uomo volta ad accertare l’esistenza di una sindrome di alienazione genitoriale determinata dalla denigrazione della figura paterna posta in essere dalla ex compagna.
La decisione, confermata in appello, è stata impugnata in Cassazione dove l’uomo ha sostenuto che la ex compagna aveva violato il principio di bigenitorialità ostacolando in maniera sistematica il suo rapporto con la figlia.
La Suprema corte, nell’accogliere la domanda, ha affermato che la Corte d’appello ha disposto l’interruzione della frequentazione del padre con la figlia in ragione dell’avversione manifestata nei suoi confronti dalla ragazza, senza un’approfondita indagine sulle reali cause del suo atteggiamento. La decisione di escludere il padre dalla vita della figlia, ha proseguito il collegio, «appare come il risultato di un’acritica adesione alle conclusioni finali del ctu, piuttosto che essere determinata da suoi non precisati comportamenti riprovevoli».
Il giudizio prognostico in tema di affidamento dei figli minori che il giudice deve operare, ha spiegato il collegio, va formulato tenendo conto del modo in cui i genitori hanno svolto i propri compiti in precedenza e delle rispettive capacità di relazione affettiva, fermo restando il rispetto del principio di bigenitorialità. Tra i requisiti fondamentali per un giudizio di idoneità, spicca anche la capacità del genitore di riconoscere le esigenze affettive del figlio che si individuano anche nella capacità di preservargli la continuità delle relazioni parentali. Pertanto, ha concluso la Cassazione, il giudice, in presenza di una denuncia di sindrome di alienazione parentale, è tenuto ad accertare i comportamenti tenuti in concreto dalle parti utilizzando i comuni mezzi di prova incluse le presunzioni, considerando che tra i requisiti di idoneità genitoriale rientra anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni con l’altro genitore.