Ai fini della reintegrazione della quota di legittima lesa, il giudice di merito non può procedere alla riduzioni delle donazioni, senza aver prima ridotto tutte le disposizioni testamentarie e aver verificato che la riduzione di esse non è sufficiente a soddisfare il diritto del legittimario»
lo ha affermato al Corte di Cassazione con la sentenza 4721/2016.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 554,555,558 e 559 cod. civ., ai fini della reintegrazione della quota di legittima lesa, devono anzitutto essere ridotte le disposizioni testamentarie (art. 554 cod. civ.); tale riduzione colpisce proporzionalmente tutte le disposizioni testamentarie, sia a titolo universale che a titolo particolare, nei limiti di quanto è necessario per soddisfare il diritto del legittimario (art. 558 comma 1 cod. civ.).
Il testatore non può impedire la riduzione delle disposizioni testamentarie, ma può soltanto disporre che una disposizione (c.d. “disposizione privilegiata”) sia ridotta dopo che siano state ridotte le altre e ciò non sia stato sufficiente a reintegrare la quota di legittima lesa (art. 558 comma 2 cod. civ.).
In ogni caso, non è possibile procedere alla riduzione delle donazioni poste in essere dal de cuius se non dopo aver operato la riduzione di tutte le disposizioni testamentarie — anche di quelle privilegiate — e aver constatato che tale riduzione non è sufficiente a reintegrare la quota di riserva spettante al legittimario (art. 555 comma 2 cod. civ.); solo in tal caso, può procedersi alla riduzione delle donazioni, sia dirette che indirette, la quale è soggetta al criterio cronologico, nel senso che va prima ridotta l’ultima donazione e, solo ove tale riduzione si riveli insufficiente per reintegrare la quota di legittima, può risalirsi via via a quelle anteriori, secondo l’ordine cronologico, fino a soddisfare il diritto del legittimario (art. 559 cod. civ.).