Il reddito proveniente dalla locazione dell’immobile in comunione legale deve essere dichiarato ai fini Irpef da entrambi i coniugi, anche quando il contratto di locazione è intestato a uno solo di essi e il pagamento dei canoni avviene sul suo conto corrente personale non cointestato. Lo ha precisato la Corte di Cassazione con l’ordinanza 3085/2016
L’art. 4 TUIR prevede che ai fini della determinazione del reddito complessivo o della tassazione separata, si tenga conto anche dei redditi dei beni che formano oggetto della comunione legale i quali sono imputati a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare netto o per la diversa quota stabilita in sede di modifiche convenzionali alla comunione. Pertanto, secondo la Cassazione, il giudice del merito non può omettere di valorizzare l’appartenenza dell’immobile alla comunione coniugale” al fine di applicare (prescindendo dalle apparenze contrastanti desumibili dal contratto di locazione) la specifica disciplina di imputazione dei redditi che ne derivano; a meno che le parti non dimostrino in giudizio il patto di deroga al regime legale della comunione. La legge prevede, infatti, un’imputazione necessaria dei redditi in questione, con la sola deroga riservata alla eventuale previsione di modifiche convenzionali stipulate dai coniugi. Di conseguenza, altre pattuizioni sull’intestazione del contratto di locazione o sul pagamento dei canoni (per di più intervenute con terzi estranei alla comunione legale) “non sono idonee a modificare l’imputazione legale dei redditi ai fini fiscali“.