Non versare il mantenimento all’ex è una condotta che integra gli estremi del reato per mancata prestazione dei mezzi di sussistenza ai familiari, salva la dimostrazione di un’incapacità economica assoluta, ossia una totale assenza di redditi oggettiva e incolpevole.
Lo afferma la Cassazione penale con la sentenza n. 3741/2016 del 28.01.2016.
Il reato è perseguibile a querela di parte, ma qualora vi siano dei figli minori diventa procedibile d’ufficio, quindi il procedimento prosegue anche in caso di rimessione della querela.
Le condotte punibili sono le seguenti:
– il genitore fa mancare i mezzi ai figli minorenni o inabili al lavoro;
– il coniuge fa mancare tali mezzi all’altro coniuge, anche se è intervenuta separazione, purché la separazione non gli sia stata addebitata con sentenza passata in giudicato (per il divorzio vige un regola diversa);
– il figlio fa mancare i mezzi agli ascendenti (genitori e nonni in condizioni di disagio economico).
Il dovere di provvedere al mantenimento dei figli e quindi di fornire loro i mezzi di sussistenza permane anche in capo a chi è stato dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale.
Affinchè scatti il reato occorre che:
– il familiare versi in stato di bisogno;
– il soggetto obbligato a versare il mantenimento deve avere la concreta capacità di fornire i mezzi di sussistenza, quindi esime da reato l’ipotesi di impossibilità assoluta e incolpevole di somministrare tali mezzi.
– la mancata assistenza deve avere l’effetto di far mancare i mezzi di sussistenza. Per “mezzi di sussistenza” si intendono i bisogni elementari dell’uomo come vitto, alloggio, canoni per luce e gas, abbigliamento, medicinali e le altre più strette necessità inerenti direttamente al sostentamento; spese di l’istruzione dei figli ed altri beni importanti per il beneficiario anche se rispondenti ad esigenze qualificabili come secondarie (si pensi ad un computer per studiare e, oggi, si potrebbe anche pensare al cellulare, ai mezzi di trasporto).
Il reato scatta anche se l’inadempimento è parziale, cioè si versa solo parte di quanto dovuto.
Il reato sussiste a prescindere da una sentenza del giudice che impone al familiare di pagare un assegno, poiché l’obbligo di non far mancare i mezzi di sussistenza deriva dalla legge. Non solo, il reato scatta anche se altri soggetti, ad esempio l’altro genitore o i nonni provvedono in concreto al mantenimento del figlio.
Per evitare la condanna occorre che il soggetto obbligato dimostri di non avere redditi e che ciò non dipenda da propria volontà (se è disoccupato, è necessario provare di aver fatto di tutto per trovare un’altra occupazione o di essere inabile al lavoro).
Le mere sopravvenute difficoltà economiche non sono sufficienti ad evitare la condanna, perché le necessità dei figli sono prioritarie rispetto a quelle del genitore che è obbligato a sacrificare ulteriormente la propria personale condizione per adempiere gli obblighi di assistenza familiare. Il genitore obbligato non commette reato solo se la sua incapacità economica è incolpevole e assoluta (quindi, non c’è reato se il familiare si trova in uno stato di indigenza, involontario e incolpevole, tale da non consentire neppure un adempimento parziale. Tale condizione deve essere provata e non solo affermata dall’imputato e viene valutata severamente dai giudici. Nel caso di disoccupazione occorrono elementi utili a comprovare la presenza di difficoltà economiche tali da tradursi in un vero e proprio stato di indigenza economica).