L’assegno di invalidità e l’indennità di accompagnamento cadono in eredità: non spettano quindi solo all’erede che ha prestato assistenza in vita all’invalido.
Lo afferma la Corte di Cassazione, con la sentenza n.1323/2016.
Gli eredi (tutti) dell’invalido hanno diritto alle quote della pensione d’inabilità e dell’indennità di accompagnamento maturate dalla domanda amministrativa alla morte dell’invalido avvenuta in epoca anteriore all’accertamento dell’inabilità da parte della competente commissione provinciale.
Il diritto alle prestazioni assistenziali dovute agli invalidi civili è originato dalla domanda amministrativa e dalla sussistenza dei presupposti normativamente previsti e, facendo parte del patrimonio del titolare deceduto, a prescindere dal suo accertamento in sede amministrativa e/o giudiziale, si trasmette con la successione ereditaria anche in caso di morte dell’avente diritto antecedente all’accertamento dei presupposti. Pertanto, sia nell’ipotesi appena ricordata, sia qualora le prestazioni in parola vengano comunque liquidate non al diretto interessato, ma ai suoi eredi viene in rilievo non una situazione di “assistenza sociale obbligatoria” bensì una tipica situazione successoria.
Ne consegue che sussiste il diritto degli eredi a ricevere la parte di indennità di accompagnamento anche nell’ipotesi in cui non abbiano provveduto all’assistenza predetta.