Due recenti sentenze del Tribunale di Monza, errando nell’interpretazione della Convenzione dell’Aja sul Trust, hanno ritenuto non ammissibile in Italia sia il trust interno (ossia quello i cui elementi siano tutti italiani salvo la legge applicabile, che è necessariamente straniera, che il trust autodichiarato, vale a dire quello in cui disponente e trustee coincidono). Orbene, che il trust cd. interno (oltre che quello autodichiarato) siano perfettamente ammissibili nel nostro Paese è stato ripetutamente riconosciuto anche dalla Corte di Cassazione, ad esempio nei casi seguenti:
1) sentenza civile n. 10105 del 9 maggio 2014 che recita: “il trust può essere piegato al raggiungimento dei più vari scopi pratici”, occorre “esaminare, al fine di valutarne la liceità, le circostanze del caso di specie, da cui desumere la causa concreta dell’operazione”, tenendo conto che non è necessario, per il riconoscimento nel nostro ordinamento, che tale istituto “assicuri un quid pluris rispetto a quelli già a disposizione dell’autonomia privata nel diritto interno”;
2) sentenza penale del 16 aprile 2015, n. 15804 che definisce il trust un “lecito istituto giuridico”, includendo fra i meccanismi di segregazione ammessi: “sia la costituzione del trust che del fondo patrimoniale che l’ordinamento, indubbiamente, consente in quanto rispondono ad interessi ritenuti meritevoli di tutela;
3) la sentenza penale del 3 dicembre 2014 n. 50672 che afferma: “il trust riconosciuto e veicolato nel nostro ordinamento dalla giurisprudenza, mutua profili sostanziali dallo schema anglosassone” secondo uno schema di separazione patrimoniale perfetta, intesa come “incomunicabilità bidirezionale” tra il patrimonio separato e il patrimonio del soggetto che ne è titolare; “il riconoscimento di una intestazione meramente formale dei diritti al trustee stempera i dubbi sulla configurabilità di un trust interno a causa delle caratteristiche dei nostri diritti reali “;
4) la sentenza civile del 19 novembre 2012 n. 20254 che, significativamente afferma che: “l’istituzione di un trust non configura abuso del diritto, quando il vantaggio fiscale non costituisce la ragione determinante dell’operazione…”.
5) la sentenza civile n. 24813/2008 che, nel dichiarare non contrastanti con il divieto dei patti successori talune disposizioni testamentarie, ha sentito il bisogno di sottolineare che la progressiva erosione di detto divieto, sul piano sia dottrinale che normativo, è stata attuata anche dal “recepimento nella normativa nazionale dell’istituto di common law del trust
6) la sentenza civile del 22 novembre 2011 n. 28363 che ha dichiarato la carenza di soggettività giuridica del trust interno.