Il comodato avente ad oggetto la casa adibita ad abitazione coniugale cessa quando vengono meno le esigenze familiari che avevano determinato l’assegnazione, e l’immobile va quindi restituito ai suoceri, legittimi proprietari,
Inoltre, l’obbligo di contribuire al mantenimento dei nipoti grava solo sui nonni e non anche sugli zii. Lo sancisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 23978 del 24 novembre 2015, chiarendo che il rapporto di comodato, riconducibile al tipo regolato dagli articoli 1803 e 1809 c.c., che si instaura tra il comodante e uno dei coniugi, perché l’immobile venga adibito a casa coniugale, sorge per un uso determinato ed ha – in assenza di una espressa indicazione della scadenza – una durata determinabile “per relationem”, con applicazione delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, indipendentemente, dunque, dall’insorgere di una crisi coniugale. Tale rapporto è destinato, pertanto, a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari che avevano legittimato l’assegnazione dell’immobile.
La Cassazione ha inoltre ricordato che l’art. 148 c.c. si riferisce testualmente agli “ascendenti” dei genitori del figlio da mantenere, stabilendo che essi siano “tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinchè possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli”. La disposizione non può che intendersi, dunque, se non come riferita ai nonni del figlio da mantenere e non certo agli zii. Costoro non sono, infatti, parenti in linea retta – a quali soltanto si attaglia il termine “ascendenti”, giacchè trattasi di “persone di cui l’una discende dall’altra” – bensì in linea collaterale, in quanto, in relazione al nipote, pur avendo uno stipite comune, non discendono l’uno dall’altro (art. 75 c.c.).