Con sentenza. 44765 del 2015, la Sesta sezione penale della Cassazione ha affermato il principio secondo cui gli assegni familiari percepiti dal genitore obbligato al pagamento di un assegno di mantenimento per la prole, in caso di genitori non coniugatipossono essere utilizzati per completare il pagamento dell’assegno e quindi non devono essere corrisposti in aggiunta ad esso.
Il caso riguarda un padre il quale, dopo la cessazione della convivenza con la madre di sua figlia, con cui non era sposato, ha corrisposto spontaneamente per il mantenimento della bambina 207 euro mensili e che, quando il giudice ha quantificato l’assegno in 350 euro mensili, ha dato disposizione al proprio datore di lavoro di corrispondere direttamente alla madre l’ulteriore importo di 137,50 euro, sino ad allora percepito a titolo di assegni familiari.
Apertosi il procedimento penale contro il padre con l’accusa di avere fatto mancare alla figlia i mezzi di sussistenza per non avere pagato interamente l’assegno (articolo 570 Cp), vi sono state una condanna in primo grado e un’assoluzione in appello perché il fatto non sussiste. La Cassazione, nel confermare la sentenza di appello in modo del tutto condivisibile, osserva innanzitutto che al caso in esame, riguardando genitori non coniugati, non si applica l’articolo 211 della legge 151/1975 (sulla riforma del diritto di famiglia), secondo cui il coniuge affidatario ha diritto di percepire direttamente gli assegni familiari anche quando siano corrisposti all’altro coniuge, in quanto tale norma si riferisce unicamente a genitori coniugati.
In caso di genitori non coniugati, pertanto, gli assegni familiari, secondo la corretta opinione della Corte, costituendo «una prestazione generale e astratta di sostegno al reddito familiare in ragione della presenza di minori», «spettano al lavoratore cui sono corrisposti per consentirgli di far fronte al suo obbligo di mantenere la prole», e, salva diversa disposizione del giudice, non possono essere rivendicati come propri dall’altro genitore.
La Corte richiama una circolare dell’Inps (104/2012), nella quale, seppure si conferma l’inapplicabilità dell’articolo 211 ai genitori non coniugati, si afferma la necessità per il futuro di adeguarsi ai principi comunitari nel senso che anche ai genitori non coniugati conviventi con i figli dovrà essere consentito di chiedere direttamente gli assegni familiari spettanti all’altro genitore lavoratore. Nel caso in esame, tuttavia, essendo i fatti anteriori alla circolare, la Corte ha confermato l’assoluzione, affermando il principio di diritto secondo cui «in assenza di diversa specifica indicazione del giudice civile in sede di determinazione dell’assegno di mantenimento, nel caso di genitore naturale lavoratore non affidatario l’importo degli assegni familiari destinati al figlio minore concorre ad integrare la somma alla cui periodica corresponsione lo stesso è obbligato»