L’ex convivente di fatto deve restituire all’altro la somma da questi versata per l’acquisto della casa famigliare intestata esclusivamente al primo, che risulta quindi il vero proprietario dell’immobile.
Infatti, come la Cassazione spiega con la sentenza 18632 del 22 settembre 2015, «l’azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicché non è dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa qualora l’arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell’adempimento di un’obbligazione naturale. È pertanto possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente more uxorio nei confronti dell’altro, in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dalla convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e adeguatezza».
Nel caso di specie la Corte rigetta il ricorso di una donna contro la sentenza che l’aveva condannata a restituire all’ex i 170 mila euro che questi aveva versato per l’acquisto della casa in cui vivevano e di cui lei risultava unica proprietaria tanto da venderla alla cifra di 330.000 euro, per acquistarne un’altra più economica, con un guadagno di 80mila euro. Il pagamento della somma da parte dell’uomo non poteva rientrare nell’obbligazione naturale nascente dal rapporto di convivenza, considerate le condizioni sociali delle parti, valutata la prestazione patrimoniale non proporzionata all’entità del patrimonio, considerando che l’uomo percepiva una pensione di 2.300 euro e che, per elargire alla compagna quella somma, aveva venduto titoli e azioni.