L’iscrizione dei figli a una scuola privata, anche se avvenuta in disaccordo tra i genitori divorziati, rappresenta una spesa straordinaria da suddividere, specie se il pagamento della retta da parte di uno solo dei due genitori viola i principi di proporzionalità e di adeguatezza del mantenimento. Inoltre «il genitore non è titolare di un potere indiscriminato di veto, avuto riguardo alla facoltà, in caso di disaccordo, di ricorrere al giudice per la modifica e/o l’integrazione dei provvedimenti riguardanti la prole».
Lo afferma la Corte d’Appello di Roma con la sentenza 1831/15. Nel caso di specie, è stato l’ex marito, padre di due figli, a contestare il decreto ingiuntivo che gli imponeva di versare alla ex moglie una somma di circa 8 mila euro a titolo di rimborso, nella misura del 50 per cento, delle spese straordinarie, mediche, scolastiche e ricreative, sostenute per la prole. Secondo l’uomo quelle spese non erano straordinarie ma dovevano ritenersi inglobate nell’assegno mensile stabilito dal Tribunale pari a duemila euro.
In realtà la Cassazione ha chiarito che «le spese straordinarie sono quelle che per la loro rilevanza, imprevedibilità, imponderabilità, esulano dall’ordinario regime di vita dei figli, così che la loro inclusione in via forfetaria nell’ammontare dell’assegno posto a carico di uno dei due genitori può rivelarsi in contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall’articolo 155 Cc e con quello dell’adeguatezza del mantenimento». Nel caso specifico la natura straordinaria della spesa si ravvisa nella scelta della scuola privata in luogo di quella pubblica e nella sua rilevanza sul piano economico. Se quella somma gravasse interamente sulle spalle della madre dei ragazzi comporterebbe sena dubbio la violazione dei principi di proporzionalità e di adeguatezza del mantenimento.