E’ prevista l’ammissibilità al patrocinio a spese dello Stato (gratuito patrocinio) per coloro che sono titolari di un reddito imponibile, ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione fiscale, non superiore 11.369,24 euro. Si considerano tutti i redditi imponibili ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) percepiti nell’ultimo anno, come lo stipendio da lavoro dipendente, la pensione, il reddito da lavoro autonomo, ecc. Si tiene conto, inoltre, dei redditi esenti dall’Irpef (es.: pensione di guerra, indennità d’accompagnamento, ecc.), o assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva, nonché delle somme ricevute dal richiedente a titolo di liberalità (gratuitamente) ma con carattere continuativo da familiari non conviventi e da terzi. Nell’ipotesi di erogazione o percezione di assegno di mantenimento del coniuge, a seguito di separazione personale o divorzio, esso dovrà essere rispettivamente dedotto o sommato in riferimento al reddito imponibile del richiedente l’ammissione. L’assegno per il mantenimento dei figli, invece, non è deducibile dal reddito per chi lo paga e non costituisce reddito imponibile per chi lo incassa. Se l’interessato vive con la famiglia, i suoi redditi si sommano a quelli del coniuge e degli altri familiari conviventi. Deve essere sommato anche il reddito dei conviventi non parenti (ad es. convivente more uxorio). Si considera solo il reddito personale dell’interessato quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi (ad es. non si terrà conto del reddito del coniuge nel caso di separazione e/o divorzio oltre che nei procedimenti inerenti i figli).
La proprietà della sola casa di abitazione ( o di parte di essa) non impedisce l’ammissione al gratuito patrocinio; o meglio, la casa non è inibitoria all’accesso al patrocinio a spese dello Stato quando non vi siano redditi imponibili o, comunque, essi siano inferiori ad € 11.369,24 pur cumulando la rilevanza reddituale dell’immobile medesimo. Per la determinazione del proprio reddito, e per la verifica del rispetto del tetto di legge ai fini dell’ammissione al Patrocinio a spese dello Stato, non si deve fare riferimento all’Isee, ma al proprio reddito imponibile per come risultante dall’ultima dichiarazione o dal CUD, al netto degli oneri deducibili (prima casa, figli a carico etc.).
Il Patrocinio a spese dello Stato è consentito per la sola difesa processuale e non può mai essere autorizzato per l’assistenza extragiudiziale (ad esempio, non può essere concesso per consulenza ed attività del legale prima del giudizio).
L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato vale per ogni grado e per ogni fase e stato del processo ma anche per tutti quei processi, derivati ed incidentali, comunque connessi a quella per cui vi è stata l’ammissione al beneficio del patrocinio.
Nel processo civile, se la parte ammessa al beneficio rimane soccombente non può utilizzare il beneficio per proporre impugnazione e deve perciò proporre una nuova istanza di ammissione per l’appello o il reclamo.
Le persone ammesse al patrocinio possono essere sottoposte al controllo della guardia di finanza, anche tramite indagini presso le banche e le agenzie di finanziamento.
Le dichiarazioni false od omissive e la mancata comunicazione degli aumenti di reddito sono punite con la pena della reclusione in carcere da 1 a 6 anni e 8 mesi di reclusione in carcere e con la multa da 309,87 a 1.549,37 euro; la condanna comporta la revoca dall’ammissione al patrocinio a Spese dello Stato con effetto retroattivo, oltre al pagamento a carico del richiedente di tutte le somme corrisposte dallo Stato.
La sanzione penale è prevista anche per chi omette di comunicare le variazione del reddito entro il termine di 30 giorni dalla scadenza di un anno dalla presentazione della domanda di ammissione o dalla presentazione della precedente dichiarazione