Non sussiste il diritto al rimborso delle spese fatte per le migliorie sulla casa coniugale, qualora l’effettuazione di tali spese sia avvenuta in adempimento dell’obbligo di contribuzione ex art. 143 c.c..
Infatti, i bisogni della famiglia, al cui soddisfacimento i coniugi sono tenuti in virtù della disposizione citata, non si esauriscono in quelli minimi, al di sotto dei quali verrebbero in gioco la stessa comunione di vita e la stessa sopravvivenza del gruppo, ma possono avere, nei singoli contesti familiari, un contenuto più ampio, soprattutto in quelle situazioni caratterizzate da ampie e diffuse disponibilità patrimoniali dei coniugi; situazioni che, quindi, indipendentemente dal valore economico, sono comunque riconducibili alla logica della solidarietà coniugale.
Pertanto, a fronte della mancanza di una prova che dette spese non siano riconducibili alla logica di cui sopra, le migliorie che incrementano il valore del bene immobile del coniuge che, a seguito della separazione ne rientra nel pieno ed esclusivo possesso, non possono essere rimborsate al disponente.
Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n.10942/2015