Non c’è reato di stalking né di molestie se il padre frequentemente telefona, scrive sms o mail all’ex compagna per avere notizie del figlio minore allo scopo di poterlo incontrare, specie se la madre assume condotte ostruzionistiche.
Lo ha stabilito la Cassazione penale con la sentenza n.22152/2015, ritenendo che manchino sia la connotazione della “petulanza” nel comportamento del soggetto, ovvero quel modo di agire “pressante, insistente, indiscreto e impertinente che finisce per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà della persona”, che il presupposto del “biasimevole motivo” che la norma aggiunge alla petulanza come motivazione da considerare “riprovevole per se stessa o in relazione alla persona molestata”.
Per aversi stalking o reato di molestie occorre infatti che vi sia un biasimevole motivo e il pressing esercitato sulla vittima sia volto a creare su di essa una situazione di disagio e di stress, tale da farle temere per la propria incolumità o quella dei propri cari. Chiamare per cercare di incontrare il proprio figlio costituisce invece esercizio di un diritto.