Il suocero aveva chiesto il rilascio, nei confronti della nuora, di un proprio appartamento, dato in comodato al figlio, marito della stessa, ed adibito a casa coniugale, per essere poi assegnato, nell’ambito del procedimento di separazione personale fra detti coniugi, alla donna, affidataria dei figli minori.
La Cortedi Cassazione afferma che il comodato a tempo indeterminato della casa familiare non può cessare ad nutum con la separazione tra i due coniugi, soprattutto se l’affidataria dell’immobile è la moglie.
Qual’è rapporto tra il comodato concesso sull’immobile destinato a casa coniugale e le successive modificazioni del rapporto coniugale, in particolare la separazione tra i coniugi e il provvedimento di assegnazione dell’immobile stesso alla moglie affidataria dei figli
La Corte, richiamando le Sezioni Unite, afferma che quando un terzo abbia concesso in comodato un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento – pronunciato nel giudizio di separazione o di divorzio – di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, non modifica né la natura né il contenuto del titolo di godimento sull’immobile. Il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa, idoneo ad escludere uno dei coniugi dalla utilizzazione in atto e a “concentrare” il godimento del bene in favore della persona dell’assegnatario, resta regolato dalla disciplina del comodato negli stessi limiti che segnavano il godimento da parte della famiglia durante il matrimonio. Di conseguenza, ove il comodato sia stato convenzionalmente stabilito a termine indeterminato, il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c.. La specificità della destinazione a casa familiare, quale punto di riferimento e centro di interessi del nucleo familiare, è incompatibile con un godimento contrassegnato dalla provvisorietà e dall’incertezza che caratterizzano il comodato, cosiddetto precario, e che legittimano la cessazione “ad nutum” del rapporto su iniziativa del comodante.