Ove un terzo abbia concesso in comodato un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione al coniuge – separato o divorziato, e comunque affidatario di prole minorenne o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti – non “modifica né la natura né il contenuto del titolo di godimento sull’immobile”.
L’ordinamento non prevede una “funzionalizzazione assoluta” del diritto di proprietà a diritti che hanno “radice nella solidarietà coniugale o postconiugale”. Di conseguenza, ove il comodato sia stato convenzionalmente stabilito a termine indeterminato, il comodante sarà tenuto a consentirne la continuazione del godimento “per l’uso previsto nel contratto”.
Nel caso all’esame del Tribunale di Cassino, l’uso era stato individuato – per inequivoca e comune volontà delle parti – nella destinazione dell’appartamento a casa familiare. Queste, le ragioni per cui il comodato non poteva ritenersi risolto per la mera intenzione del suocero, di tornare in possesso di un bene vincolato alle esigenze abitative di nuora e nipoti.
Soluzione da adottare, con ancora più rigore, in caso di “soggetti già regolarmente coniugati e mai stati in crisi”.
Lo afferma il Tribunale di Cassino con la sentenza 2 febbraio 2015 n. 133