L’infedeltà è certamente motivo di addebito della separazione: in altre parole, tradire il coniuge determina una grave violazione dei doveri coniugali, tale per cui il Giudice può decidere che la “colpa” della separazione va imputata al coniuge fedifrago.
Con conseguenze sul profilo patrimoniale di non poco conto: infatti, colui al quale la separazione è addebitata perde il diritto all’assegno di mantenimento. Si pensi cioè al caso della moglie casalinga che tradisce il marito: l’addebito della separazione comporta la perdita del diritto di percepire dal coniuge un assegno mensile.
Tuttavia, ai fini dell’addebito, occorre che il tradimento sia stata la causa della rottura del matrimonio: occorre cioè dimostrare che il matrimonio non era già “finito” prima della violazione del dovere di fedeltà. Se cioè la crisi coniugale era già in atto prima, il tradimento non rileva quale causa della separazione.
Una sentenza recente del Tribunale di Caltanisetta (3/12/2014) offre l’occasione per chiarire come si ripartisce l’onere della prova del tradimento – e dell’addebito – in una causa di separazione.
Al coniuge tradito spetta di provare il tradimento: tanto basterebbe ai fini dell’addebito, essendo la violazione del dovere di fedeltà un comportamento particolarmente ripugnante.
La palla, a questo punto, passa al coniuge traditore, il quale, per sfuggire alla pronuncia di addebito a suo carico, deve dimostrare l’anteriorità e l’irreparabilità della crisi coniugale rispetto al tradimento posto in essere, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale