Per valutare se ci sono i presupposti per un assegno di divorzio in favore dell’ex moglie, occorre considerare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità reddituale dei coniugi.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 17370/2012, che conferma la decisione della Corte d’Appello.
Dopo la separazione, l’ex moglie lavorava in una impresa di pulizie, per un importo di circa Euro.600,00 mensili con cui doveva pagare la rata del mutuo della nuova abitazione per circa Euro. 180,00 mensili, mentre l’ex marito viveva con la nuova famiglia: seconda moglie, un figlio di primo letto ed uno di secondo, nella casa ex coniugale, in comodato gratuito da parte della madre; assunto part-time, per l’importo di Euro 1.200,00 mensili; aveva poi costituito una società con la seconda moglie titolare al 95%, e continuava a svolgere l’attività di agente di commercio: sussisteva quindi un divario reddituale tra ex coniugi.
La Corted’Appello aveva ritenuto inattendibili le dichiarazioni dei redditi dell’uomo, sempre decrescenti, così come degli utili distribuiti ai soci, e ipotizzava una sorta di simulazione in ordine alla quota della società costituita, attribuita alla seconda moglie, priva di redditi e di altre risorse patrimoniali; aveva quindi confermato l’importo dell’assegno per la donna, corrispondente alla rata del mutuo, secondo accordi assunti in sede di separazione consensuale.
Nel confermare la decisione,la SupremaCorteevidenzia come i Giudici di secondo grado avessero concretamente operato l’esame delle capacità patrimoniali delle parti e come, sulla base di questo, apparisse indubbia l’esistenza di un divario reddituale che legittima la corresponsione di un assegno divorzile in favore della moglie e del figlio con la stessa convivente.
La determinazione in concreto dell’assegno di divorzio avviene in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nell’art. 5, comma 6, della L. 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 14, art. 10 – e cioè delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, del reddito di entrambi, valutando tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio – che quindi agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto; e possono, in ipotesi estreme, valere anche ad azzerarla quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi di quantificazione.
Il diritto all’assegno divorzile sussiste se il coniuge non ha i mezzi adeguati per mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio o non se li può procurare per ragioni oggettive. Se non è possibile provare in concreto il tenore di vita, si fa riferimento al patrimonio e ai redditi dei coniugi, che possono costituire una presunzione sul tenore goduto durante il matrimonio. Con riguardo alla quantificazione dell’assegno di divorzio, il Giudice non deve necessariamente esaminare tutti i parametri indicati dalla legge, potendo invece valutare solo alcuni di essi, secondo le circostanze concrete