Risarcito il danno non patrimoniale da fumo passivo al lavoratore dipendente: se il dayore di lavoro non fa rispettare il divieto di fumo, in modo da non nuocere ai dipendenti, viola la legge n. 3/2003, e ostacola l’esercizio da parte del prestatore d’opera di un diritto fondamentale quale quello garantito dall’articolo 4 della Costituzione.
Cosi si esprime il Tribunale di Milano, riconoscendo 10000 euro di risarcimento del danno “esistenziale” al dipendente comunale, nella specie una
Vigilessa a cui il fumo passivo aveva provocato cefalea, difficoltà respiratorie e bruciore agli occhi, certificati dai medici. Infatti, la postazione della donna al lavoro era costituita da uno spazio ricavato in un corridoio, usato dai colleghi per andare all’esterno a fumare; spesso tuttavia i colleghi passavano con la sigaretta accesa o si fermavano a fumare vicino all’ingresso. Nulla aveva fatto il datore di lavoro per interrompere tale illecita condotta. Sicchè, a parere del Giudice, il disagio patito dalla dipendente comunale è «causa di possibili danni alla salute nel lungo periodo» e lede l’esercizio del diritto al lavoro che consente la «libera espressione della personalità nelle formazioni sociali».