Commette reato di stalking l’ex marito che perseguita la moglie con sms e telefonate minacciose: il comportamento molesto, anche se inserito in un contesto conflittuale originato dalla crisi di coppia, non esclude o riduce la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato.
Lo afferma la Corte di cassazione con la sentenza 6384 dell’11 febbraio 2014.
A parere dei Giudici le telefonate e i messaggi minatori, i pedinamenti, le minacce, le percosse e i danneggiamenti dell’auto hanno creato nella donna uno stato di paura e allarme che non le consentono di vivere serenamente e integrano tale reato: «Il delitto di atti persecutori cd. stalking (art. 612 bis Cp) è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea a integrarlo; pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità».