Allargati i cordoni dei risarcimenti: la Cassazione cambia orientamento e dice sì al riconoscimento del danno esistenziale.
Il caso di specie riguarda il risarcimento in favore dei figli di un uomo la cui moglie nel 1998 era morta in un incidente stradale (nel quale aveva riportato gravi lesioni egli stesso) e dopo circa due anni, in conseguenza della depressione indotta dalla perdita della moglie, si era suicidato.
Con la sentenza n. 1361 del 23 gennaio 2014, Piazza Cavour afferma che qualunque stravolgimento dell’esistenza dell’individuo va risarcito, a prescindere dal nome. Familiari e partner hanno quindi diritto al risarcimento, che avverrà in via equitativa, purchè provino il pregiudizio subito: il danno da perdita del rapporto parentale o cosiddetto danno esistenziale (che consiste nello sconvolgimento dell’esistenza sostanziatesi nello sconvolgimento delle abitudini di vita, con alterazione del modo di rapportarsi con gli altri nell’ambito della comune vita di relazione – sia all’interno che all’esterno del nucleo familiare – in fondamentali e radicali scelte di vita diversa) risulta integrato in caso come nella specie di sconvolgimento della vita subito dal coniuge ( nel caso, il marito ) a causa della morte dell’altro coniuge.
La Cassazione riconosce anche l’esistenza del danno non patrimoniale alla perdita della vita come categoria autonoma del danno non patrimoniale e non annoverabile nel danno tanatologico o morale terminale, trasmissibile agli eredi: “costituisce danno non patrimoniale altresì il danno da perdita della vita, quale bene supremo dell’individuo, oggetto di un diritto assoluto e inviolabile garantito in via primaria da parte dell’ordinamento, anche sul piano della tutela civilistica”.