L’ammontare dell’assegno di mantenimento per il coniuge “debole” deve tenere conto dell’intera situazione economico patrimoniale finanziaria dell’obbligato, incluse quindi le disponibilità monetarie e gli investimenti in titoli obbligazionari e azionari e in beni mobili.
Lo afferma la Corte di Cassazione Civile, sezione prima, con la sentenza n. 130 dell’8 Gennaio 2014.
Nel caso di specie, il marito è un imprenditore, le cui complessive risorse economiche erano molto più elevate di quelle della moglie. I Giudici, in particolare, ritengono di dover parametrare l’importo dell’assegno anche alle riserve detenute dalla società di cui è socio.
La Cassazione ricorda che costituisce principio consolidato nel nostro ordinamento la circostanza che “in tema di separazione tra coniugi, al fine della quantificazione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge, al quale non sia addebitabile la separazione, il giudice di merito è tenuto a considerare tutte le risorse economiche dell’onerato (incluse le disponibilità monetarie e gli investimenti in titoli obbligazionari e azionari e in beni mobili), avuto riguardo a tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività e capacità di spesa”.