L’assegno di mantenimento è fondato sulla persistenza di uno dei doveri matrimoniali e non ha – a differenza dell’assegno di divorzio – componenti compensative del sacrificio di un coniuge per la famiglia. Tuttavia, la solidarietà presuppone un rapporto paritario e di reciproca lealtà, incompatibile con comportamenti parassitari diretti a trarre ingiustificati vantaggi dal coniuge separato. Quindi ove il richiedente sia dotato di concreta e attuale capacità lavorativa e non la metta a frutto senza giustificato motivo, l’assenza di adeguati redditi propri non può considerarsi un fatto oggettivo involontario ma una scelta addebitabile allo stesso interessato.
Il riconoscimento dell’assegno di separazione non può estendersi fino a comprendere ciò che, secondo il canone dell’ordinaria diligenza, l’istante sia in grado di procurarsi da solo. L’attitudine al lavoro proficuo dei coniugi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, qualora venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche.
Cass. civ., Ord. n. 234 del 07/01/2025,