La Cedu condanna l’Italia per avere costretto a letto per quasi otto giorni, con cinghie a polsi e caviglie, un soggetto affetto da infermità mentale, sottoposto a TSO in reparto psichiatrico di un ospedale. Il personale medico deve applicare la contenzione fisica in via residuale, per il tempo strettamente necessario, da rivalutare quotidianamente e in modo circostanziato. In mancanza di una legge che individui precisi limiti di durata, spetta alla giurisprudenza interna elaborare criteri rigorosi sulla possibilità di scriminare tale trattamento ai sensi dell’art. 54 c.p.
la Corte richiama, da una parte, i propri precedenti sull’uso della forza, ammesso solo se strettamente necessario (Bouyid c. Belgio [GC], n. 23380/09, §§ 100-01, 2015); dall’altra, quelli sugli obblighi di vigilanza dello Stato nel trattare persone affette da malattie mentali, stante la posizione di particolare vulnerabilità, inferiorità e impotenza (Aggerholm c. Danimarca, n. 45439/18, § 84, 2020). Ne discende l’uso residuale della contenzione fisica, in mancanza di mezzi alternativi per prevenire un danno immediato o imminente al paziente o ad altri, fintanto che tale pericolo permanga. I pazienti devono vantare adeguate garanzie procedurali, essere tenuti sotto stretta sorveglianza, con aggiornamento sistematico del diario clinico (Bureš c. Repubblica Ceca, n. 37679/08, §§ 101-103, 2012).
Cedu 7 novembre 2024, ric. n. 8436/21, Lavorgna c. Italia