L’annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore postula l’esistenza non già di una semplice anomalia od alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della capacità di autodeterminarsi, con il conseguente onere, a carico di chi quello stato di incapacità assume, di provare che il testamento fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere. Viceversa, a fronte di un’infermità tipica, permanente ed abituale, l’incapacità si presume e la prova che il testamento sia stato redatto in un momento di lucido intervallo spetta a chi afferma la validità del testamento.
Qualora, invece, si tratti di un’infermità intermittente o ricorrente, poiché si alternano periodi di capacità a periodi di incapacità non sussiste la presunzione di incapacità e la prova dell’incapacità deve essere data da chi impugna il testamento.
Corte d’App. Bologna, sentenza 6 febbraio 2024 n. 539
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