Sussiste il reato di maltrattamenti in famiglia, nella specie in danno del coniuge, anche se il soggetto agente non aveva il fine di annichilire e svilire la persona offesa, essendo sufficiente che lo stesso abbia la consapevolezza delle condotte da lui tenute e che queste siano tali da integrare, con la continuità che un reato abituale postula, una condotta maltrattante; parimenti per ciò che attiene alla ipotesi della violenza sessuale, ove le condotte integranti atto sessuale siano poste consapevolmente in essere in assenza dell’espressione, tacita o dichiarata, del benestare del soggetto nei cui confronti esse sono realizzate o fatte realizzare, si deve intendere integrato l’atto sessuale, quale che sia stata la finalità che l’agente avesse perseguito.
Non conta il “bagaglio” costituito dalla “cultura di origine“: è vero che il contesto sociale e culturale in cui una certa condotta si sia manifestata deve essere preso in considerazione al fine di correttamente interpretarne l’eventuale rilevanza penale, ma un tale dato “socio-culturale” è suscettibile di essere valorizzato solo in presenza di una condotta che non sia platealmente invasiva della sfera dell’intimità sessuale o della stessa integrità, morale o fisica, del soggetto
Cass. penale, sent. 16 ottobre 2024, n. 37929
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