Un generico stato di deperimento cognitivo, anche se implicante anomalie comportamentali, non risulta idoneo ad integrare l’incapacità invalidante il testamento laddove non si dimostri – rigorosamente – che siano state integralmente compromesse la capacità volitiva e la capacità critica del testatore.
La nozione di incapacità naturale del testatore presuppone infatti non una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius bensì la prova che, a causa di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi.
Trib. Palermo, sentenza 14 giugno 2023 n. 2874
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