In tema di riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio, il ricorso all’autorità giudiziaria, nel caso in cui l’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento rifiuti il consenso, richiede al giudice un bilanciamento tra il diritto soggettivo di colui che vuole riconoscere il figlio e l’interesse del minore a non subire una forte compromissione del proprio sviluppo psico-fisico, da compiersi operando un giudizio prognostico, che valuti non già il concreto esercizio della responsabilità genitoriale, per modulare il quale vi sono diversi strumenti di tutela, ma la sussistenza, nel caso specifico, di un grave pregiudizio per il minore che derivi dal puro e semplice acquisto dello status genitoriale e che si riveli superiore al disagio psichico conseguente alla mancanza o non conoscenza di uno dei genitori. In altri termini, il riconoscimento del figlio naturale, ai sensi dell’art. 250, quarto comma, c.c., costituisce un diritto soggettivo sacrificabile solo in presenza di un pericolo di danno gravissimo per lo sviluppo psico-fisico del minore, correlato alla pura e semplice attribuzione della genitorialità.
Cass. Civ., Sez. I, Ord., 23 febbraio 2023, n. 5634
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