Chi sostiene il dolo e/o captazione testamentaria impugnando il testamento deve dimostrare, da un lato, quale implicito presupposto dell’attività di captazione, l’esistenza, in capo al testatore – la cui volontà sarebbe stata subdolamente deviata ed orientata – di una condizione mentale precaria, idonea a subire un condizionamento nella libertà di autodeterminazione del proprio giudizio; dall’altro, l’attività fraudolenta posta in essere dal deceptor in danno del disponente, con l’indebito condizionamento della libera volontà di costui, spettando alla parte che chiede l’annullamento del testamento affermare/allegare i fatti principali, essenziali e decisivi che consentano di identificare e ricostruire l’attività captatoria e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore e sulle decisioni di quest’ultimo nel manifestare le proprie ultime volontà.
• Tribunale Torino, Sez. II, sentenza, 28 luglio 2022, n. 3404