La grave incompatibilità caratteriale tra coniugi è di per sé sufficiente per fondare la separazione: l’adulterio è secondario se successivo al verificarsi della crisi.
Rigettata dalla Cassazione, con l’ordinanza 8675 depositata il 9 aprile, la domanda d’addebito della separazione alla moglie a causa del tradimento.
Tra i coniugi la crisi era in atto da tempo a causa di profonde incompatibilità caratteriali che originavano frequenti e violenti litigi. In tale contesto, conclamato nel tempo, si era poi innestato il tradimento della moglie. La violazione dell’obbligo di fedeltà non ha dunque costituito la causa della separazione, bensì una mera conseguenza della crisi coniugale in atto.
Per giurisprudenza costante, “l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. (Cass., 12 aprile 2006, n. 8512; Cass., 7 dicembre 2007, n. 25618; Cass., 20 aprile 2011, n. 9074)”.
Provato che il progressivo deteriorarsi dei rapporti tra coniugi aveva origine in incompatibilità caratteriali e nella difficoltà di risolvere armoniosamente le difficoltà quotidiane, e quindi che una crisi preesistente era già in atto e che la convivenza poteva considerarsi meramente formale, si esclude che la relazione extraconiugale della moglie abbia inficiato il rapporto di coppia.