L’ assegno di mantenimento è dovuto quando il coniuge non abbia i mezzi per mantenere il tenore di vita matrimoniale, al quale l’ammontare dell’assegno va poi paramentrato; ad indicazione di tale tenore, può essere assunta l’attuale disparità reddituale delle parti.
La differenza reddituale vale quindi quale indice del il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio: se manca la prova del tenore di vita, può farsi riferimento al patrimonio e ai redditi dei coniugi e su tale base determinare l’assegno.
La Corte di Cassazione applica tale principio in due sentenze depositate il 30 gennaio
Con la prima nega l’aumento dell’assegno per la moglie in considerazione del suo patrimonio parametrato a quello del marito: lei svolge attività professionale di agente immobiliare da cui trae un’indubbia fonte di reddito e gode della casa familiare. Lui percepisce i canoni dalla locazione di alcuni immobili.
Per la Cassazione l’assegno di cui la moglie già gode, seppure limitato, è giustificato dal divario esistente tra i redditi dei coniugi a favore del marito: non si tratta di un generale mantenimento, ma di un limitato contributo, a fronte della comunque florida condizione economica della moglie (Cass. 2186/2013)
Con la sentenza n. 2187, viene ribadito lo stesso principio: in questo caso viene revocato l’assegno per la moglie, che oltre a svolgere attività lavorativa dipendente per cui percepisce oltre mille euro di stipendio mensile, è anche titolare di un’azienda agricola, e dunque versa in una buona condizione economica. Ciò considerato, non rileva che il marito sia proprietario esclusivo dell’immobile già adibito a casa coniugale, titolare di un bar concesso in gestione a terzi e aiuto pizzaiolo.