Il coniuge che preleva dal conto corrente cointestato dei soldi per uso personale quando ormai il matrimonio è in crisi conclamata è tenuto a restituirli all’altro.
Con la sentenza numero 11451/2017 il Tribunale di Roma, che ha condannato una donna a ridare al marito (unico percettore di reddito) le somme prelevate dal conto per farne uso proprio. L’art. 1919 cod. civ. esclude dall’obbligo restitutorio in favore della comunione legale le somme che il coniuge preleva dal patrimonio comune solo se le stesse vengono impiegate per adempiere le obbligazioni previste dall’articolo 186 cod. civ. (cioè quelle contratte per il mantenimento della famiglia o comunque nel suo interesse o per l’istruzione e l’educazione dei figli).
Precisa il Tribunale che la cointestazione con firma e disponibilità disgiunte di una somma di denaro appartenente a uno solo dei cointestatari (come nel caso di specie) è donazione diretta solo se viene riscontrata l’effettiva esistenza dell’animus donandi. Peraltro ciò vale solo per il denaro versato prima della cointestazione, mentre per le somme versate dopo la donazione indiretta è preclusa dal divieto di donazione di beni futuri.
Inoltre il matrimonio non basta per far ritenere che la cointestazione dei conti persegua il solo scopo di liberalità.